LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                       Sezione Seconda Civile 
 
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 
        Dott. Ettore Bucciante - Presidente; 
        Dott. Lina Matera - Consigliere; 
        Dott. Antonio Oricchio - Consigliere; 
        Dott. Alberto Giusti - Consigliere Rel.; 
        Dott. Elisa Picaroni - Consigliere, 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
proposto da: 
        Pandolfi Andrea, rappresentato e difeso, in forza di  procura
speciale a  margine  del  ricorso,  dall'Avv.  Carmelo  Comegna,  con
domicilio eletto nello studio di  quest'ultimo  in  Roma,  via  Carlo
Alberto, n. 18; - ricorrente; 
    Contro  Ordine  Provinciale  dei   Medici   Chirurghi   e   degli
Odontoiatri  di  Latina,  in  persona  del  presidente  pro  tempore;
Ministero  della  Salute,  in  persona  del  Ministro  pro   tempore;
Procuratore  della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Latina;  -
intimati; 
    Avverso la decisione della Commissione centrale per gli esercenti
le professioni sanitarie n. 23 del 6 novembre 2013. 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
2 dicembre 2014 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti; 
    Udito l'Avv. Carmelo Comegna; 
    Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott. Pierfelice Pratis, che ha concluso  per  raccoglimento
del ricorso. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - All'esito di  un  procedimento  disciplinare,  il  Consiglio
dell'ordine dei  medici  chirurghi  e  degli  odontoiatri  di  Latina
irrogava al dott. Andrea Pandolfi la sanzione  dell'avvertimento  per
avere   tenuto   un   comportamento   disdicevole   per   il   decoro
professionale, avendo divulgato, per mezzo di giornali periodici e di
emittenti  radio  locali,  il   seguente   messaggio   pubblicitario:
«Informazione  sanitaria.  Studio  Pandolfi:  uno  studio  dentistico
all'avanguardia per impianti di denti fissi chirurgia dei denti  cura
della piorrea. Tecniche indolori di ultima generazione interventi  in
ambiente sterile con personale  di  grande  professionalita'.  Studio
dentistico Pandolfi implantologia e chirurgia orale  ad  Aprilia  via
Carroceto n. 169, vicino Stadio Quinto  Ricci  info  069283190  o  su
www.pandolfiandrea.it». 
    2. - La Commissione centrale per  gli  esercenti  le  professioni
sanitarie, con decisione depositata  in  data  6  novembre  2013,  ha
respinto il ricorso del dott. Pandolfi. 
    La Commissione ha osservato  che  la  trasparenza  e  veridicita'
delle notizie veicolate tramite una informazione sanitaria  corretta,
la comprensibilita'  e,  soprattutto,  il  rigore  scientifico  delle
espressioni usate, costituiscono  principi  ormai  acquisiti;  e  che
l'eliminata - ad  opera  della  legge  4  agosto  2006,  n.  248,  di
conversione in legge del  decreto-legge  4  luglio  2006,  n.  223  -
procedura di autorizzazione preventiva, non ha fatto  venir  meno  la
responsabilita' di chi vuol compiere atti di pubblicita' informativa,
essendo rimasto intatto, se non rafforzato, il potere dell'Ordine  di
verificarne  trasparenza,   veridicita'   e   rispetto   del   decoro
professionale per forma, contenuto e modalita'. 
    Nella  specie  -  ha  rilevato  conclusivamente  la   Commissione
centrale  -  l'incolpato,  pur  avendo   prudenzialmente   presentato
all'Ordine  un'istanza  di  verifica  del  messaggio  che   intendeva
diffondere, non ha tuttavia riformulato il messaggio pubblicitario in
modo da eliminare l'effetto comparativo. 
    3. - Per la cassazione della decisione della Commissione centrale
il dott. Pandolfi ha proposto ricorso, con atto notificato il  20  ed
il 21 gennaio 2014, sulla base di un motivo. Secondo  il  ricorrente,
il  messaggio  in   questione   sarebbe   stato   censurato   perche'
comparativo, senza considerare che il testo pubblicitario conterrebbe
semplicemente informazioni circa l'esistenza di uno studio dentistico
e gli interventi che nello stesso vengono o possono  effettuarsi.  La
Commissione centrale avrebbe omesso qualsiasi valutazione  del  reale
contenuto del messaggio,  finendo  per  sanzionare  il  comportamento
dell'incolpato per avere effettuato pubblicita'. 
    3.1. - Nessuno degli intimati ha svolto  attivita'  difensiva  in
questa sede. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Prima di scendere  all'esame  delle  sollevate  censure,  il
Collegio ritiene di doversi  porre,  d'ufficio,  la  questione  della
sospetta  incostituzionalita'  dell'art.  17  del   d.lgs.C.p.S.   13
settembre 1946, n. 233 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni
sanitarie  e  per  la  disciplina  dell'esercizio  delle  professioni
stesse), nella parte in cui prevede che  della  Commissione  centrale
per gli esercenti le professioni sanitarie fanno parte due componenti
designati dal Ministero della salute, un dirigente amministrativo del
Ministero ed un dirigente di seconda fascia medico (o, a seconda  dei
casi, veterinario o farmacista). 
    2. - La Commissione centrale per  gli  esercenti  le  professioni
sanitarie  e'  un  organo  di  giurisdizione  speciale  chiamato   ad
esaminare, tra l'altro,  i  ricorsi  avverso  i  provvedimenti  degli
Ordini e Collegi  professionali  locali  in  materia  di  albo  e  di
irrogazione di sanzioni disciplinari. 
    La nomina e la composizione della Commissione  centrale  per  gli
esercenti le professioni sanitarie sono disciplinate dall'art. 17 del
d.lgs.C.p.s. n. 233 del 1946. 
    In  base  a  questa  disposizione,  la  Commissione  centrale  e'
«nominata  con  decreto  del  Capo  dello  Stato,  su  proposta   del
Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto  con  il  Ministro
per la grazia e giustizia, presieduta da un consigliere  di  Stato  e
costituita da un membro del Consiglio superiore di sanita'  e  da  un
funzionario dell'Amministrazione civile  dell'interno  di  grado  non
inferiore al sesto. Fanno altresi' parte della Commissione: [...]  e)
per l'esame degli affari concernenti la professione  di  odontoiatra,
un ispettore  generale  medico  e  otto  odontoiatri  di  cui  cinque
effettivi e tre supplenti». 
    Questa disposizione ha ricevuto  alcune  modifiche  implicite  di
dettaglio. 
    Per un verso, l'atto di nomina  non  assume  piu'  la  forma  del
decreto del Presidente della Repubblica, ma quello  del  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri.  Cio'  in  forza  dell'art.  2
della legge  12  gennaio  1991,  n.  13  (Determinazione  degli  atti
amministrativi da adottarsi nella forma del  decreto  del  Presidente
della Repubblica), ai  sensi  del  quale  «Gli  atti  amministrativi,
diversi da quelli previsti dall'articolo 1, per i quali  e'  adottata
alla data di entrata in vigore della  presente  legge  la  forma  del
decreto del Presidente della Repubblica, sono emanati con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri o con decreto  ministeriale,  a
seconda della competenza a formulare la  proposta  sulla  base  della
normativa vigente di cui sopra. Gli atti  amministrativi  di  cui  al
comma 1, ove proposti da piu' Ministri, sono emanati nella forma  del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri». 
    Per l'altro verso, la costituzione (con legge 13 marzo  1958,  n,
296) del Ministero della sanita',  prima,  e  la  nascita,  poi,  del
Ministero della salute (cfr. artt. 2, numero 13, e 47-bis e  ss.  del
d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, e legge 13 novembre 2009, n. 172)  non
solo hanno determinato l'intervento di questo  Ministero  nella  fase
della  formulazione  della  proposta  di  nomina,  ma   hanno   anche
comportato che la scelta di uno dei componenti non avviene piu' tra i
funzionari  dell'Amministrazione  civile  dell'interno,  ma   tra   i
dirigenti del Ministero della salute. 
    Di queste modifiche e' specchio e testimonianza  il  d.P.C.m.  23
maggio 2011, recante la nomina - «sulla proposta del Ministero  della
salute e del Ministero della giustizia» - della Commissione  centrale
per il quadriennio 2011-2015, della quale fanno parte - oltre  ad  un
consigliere di Stato in veste di presidente, ad un  membro  designato
dal  Consiglio  superiore  di  sanita'  e  ad  otto  sanitari  liberi
professionisti (di cui cinque effettivi e  tre  supplenti)  designati
dai Comitati centrali delle rispettive  Federazioni  nazionali  -  un
dirigente amministrativo di seconda fascia del Ministero della salute
e un dirigente medico (o,  a  seconda  della  categoria  interessata,
veterinario  o  farmacista)  di  seconda  fascia,  l'uno  e   l'altro
designati dal Ministero della salute. 
    La disciplina, cosi' modificata, e' tuttora  vigente  e  l'organo
continua ad operare in base ad essa.  L'art.  15,  comma  3-bis,  del
decreto-legge 13 settembre 2012, n.  158  (Disposizioni  urgenti  per
promuovere lo sviluppo del Paese mediante un  piu'  alto  livello  di
tutela della salute), aggiunto dalla legge di conversione 8  novembre
2012, n.  189,  ha,  infatti,  stabilito:  «In  considerazione  delle
funzioni  di  giurisdizione  speciale  esercitate,   la   Commissione
centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, di cui  all'art.
17 del decreto  legislativo  del  Capo  provvisorio  dello  Stato  13
settembre 1946, n. 233, e successive modificazioni,  e'  esclusa  dal
riordino di cui all'art. 2, comma 4, della legge 4 novembre 2010,  n.
183,  e  continua  ad  operare,  sulla  base   della   normativa   di
riferimento, oltre il  termine  di  cui  all'art.  1,  comma  2,  del
decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 132, come modificato  dal  comma  3-ter
del presente articolo. All'allegato 1 annesso al citato decreto-legge
n. 89 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 132 del
2012, il numero 29 e' abrogato». 
    Da ultimo, la Corte costituzionale, con la sentenza  n.  193  del
2014, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del  citato  art.
17, primo e secondo comma, per la mancata previsione della nomina  di
membri  supplenti  della  Commissione  centrale  che  consentano   la
costituzione, per numero  e  categoria,  di  un  collegio  giudicante
diversamente composto rispetto a quello  che  abbia  pronunciato  una
decisione annullata con rinvio dalla Corte di cassazione. 
    2.1.  -  Questa  Corte  ha  piu'  volte  esaminato  eccezioni  di
legittimita'  costituzionale  aventi  ad  oggetto   l'art.   17   del
d.lgs.C.p.S. n. 233 del 1946 (e la connessa  normativa  regolamentare
contenuta nel d.P.R. n. 221 del  1950)  per  dedotta  violazione  dei
principi di terzieta' ed indipendenza  degli  organi  giurisdizionali
conseguente alla attribuzione della facolta' di nomina e  revoca  dei
membri della Commissione stessa al potere esecutivo, e li  ha  sempre
dichiarati manifestamente infondati (Sez. Un.,  18  aprile  1988,  n.
3032; Sez. Un., 5 giugno 1997, n. 11129; Sez. Un., 7 agosto 1998,  n.
7753; Sez. III, 5 febbraio 1999, n. 4761; Sez. III, 6 aprile 2001, n.
5141; Sez. III, 30 luglio 2001, n. 10396; Sez. III, 19  maggio  2003,
n. 7760; Sez. III, 21 maggio 2004, n. 9704; Sez. III, 18 aprile 2006,
n. 8958; Sez. III, 21 febbraio 2013, n. 4371). 
    Si e' in particolare osservato: 
        che il valore dell'autonomia e dell'indipendenza  dell'organo
di  giurisdizione  speciale  in  questione  (istituito  prima   della
Costituzione e,  quindi,  sottratto  al  divieto  di  istituzione  di
giudici speciali di cui all'art. 102 Cost.)  non  e'  automaticamente
vulnerato dalla nomina dei giudici da  parte  del  potere  esecutivo,
dovendosi aver riguardo allo status di essi, che deve essere tale  da
escludere una situazione di soggezione nei  confronti  dell'autorita'
che ha proceduto alla nomina; 
        che le regole di funzionamento dell'organo  evidenziano  che,
una volta avvenuta la nomina,  non  e'  rinvenibile  un  vincolo  con
l'autorita' nominante; 
        che la permanenza nell'ufficio e' congrua (quattro anni); 
        che il  potere  disciplinare  nei  confronti  del  componenti
professionisti e' esercitato dalla stessa Commissione centrale; 
        che non e' suscettibile di condurre a diversa conclusione  la
disciplina  dell'art.  74  del  d.P.R.  n.  221  del  1950,   recante
approvazione del regolamento d'esecuzione del decreto legislativo  n.
223 del 1946, il quale prevede, indipendentemente dall'esercizio  del
potere disciplinare, la revoca dei  componenti  professionisti  della
Commissione (con lo stesso procedimento per la nomina) «qualora  cio'
si renda necessario per il miglior funzionamento di  essa  e  per  la
dignita'  della  classe»:  cio'  in  quanto,  trattandosi  di   norma
regolamentare, sprovvista dunque di forza  di  legge,  la  stessa  e'
estranea allo scrutinio di costituzionalita'  da  parte  del  giudice
delle  leggi,  mentre  puo'  costituire   oggetto   di   censura   di
legittimita' secondo le regole generali. 
    2.2. - Il Collegio intende rimeditare tale orientamento. 
    Occorre  muovere  da  una  duplice  premessa:   (a)   parte   nel
procedimento giurisdizionale che si svolge dinanzi  alla  Commissione
centrale e' - oltre al procuratore  della  Repubblica  ed  all'Ordine
professionale interessato - il Ministero della salute  (Sez.  Un.,  5
aprile 1991, n. 3556 e n. 3557; Sez. Un., 17 febbraio 1992, n.  1915;
Sez. Un., 3 giugno 1992, n. 6782;  Sez.  III,  26  ottobre  2000,  n.
14138); (b) in base all'art. 17 del d.lgs.C.p.S., lo stesso Ministero
della salute, proponente insieme  al  Ministero  della  giustizia  la
nomina della Commissione centrale, ne designa due componenti: uno tra
i dirigenti amministrativi del Ministero, l'altro tra  gli  ispettori
generali (oggi tra i dirigenti di seconda fascia, medici,  veterinari
o farmacisti). 
    Siffatta designazione, ad avviso di questo  giudice  a  quo,  non
assicura la terzieta' e l'indipendenza dei predetti componenti, sotto
un triplice profilo. 
    Innanzitutto la designazione governativa e' un atto, non adottato
in esito ad una selezione resa oggettiva da criteri predeterminati  o
di efficacia predeterminata, ma discrezionale. 
    Inoltre,  i  dirigenti  ministeriali  nominati  componenti  della
Commissione centrale, anche durante  lo  svolgimento  delle  funzioni
giurisdizionali, continuano a rimanere incardinati e ad espletare  le
funzioni istituzionali presso il Ministero della  salute,  parte  del
processo, e quindi  rimangono  soggetti  a  tutti  i  condizionamenti
dovuti alla loro posizione di dipendenza dall'amministrazione stessa,
che ne garantisce lo stato giuridico ed economico. Vero  e'  che,  ai
sensi dell'art. 18 del d.lgs.C.p.S. n. 233 del 1946,  la  Commissione
centrale esercita il potere disciplinare  nei  confronti  dei  propri
componenti: questo  vale  tuttavia  non  nei  confronti  di  tutti  i
componenti, ma soltanto «dei [...] membri professionisti e dei membri
dei  Comitati  centrali  delle  Federazioni  nazionali»,  per  cui  i
dirigenti ministeriali componenti  della  Commissione  continuano  ad
essere sottoposti  al  potere  disciplinare  dell'amministrazione  di
appartenenza. 
    Infine,  la  terzieta'  dei  membri  della  Commissione  centrale
designati dal Ministero della salute appare compromessa  anche  dalla
disposizione del quinto comma del citato  art.  17  che  prevede,  al
termine del quadriennio, la possibilita' di riconferma nell'incarico,
secondo il discrezionale apprezzamento del  Ministero  stesso,  posto
che la sola prospettiva  del  reincarico  esclude  l'indipendenza  di
costoro dall'amministrazione designante (cfr. Corte  cost.,  sentenza
n. 25 del 1976). 
    2.3. - Questo giudice a quo dubita che l'art. 17 del d.lgs.C.p.S.
n. 233 del 1946, nella parte in cui  prevede  che  della  Commissione
centrale per gli esercenti le professioni sanitarie fanno  parte  due
componenti  designati  dal  Ministero  della  salute,  un   dirigente
amministrativo del Ministero ed un dirigente di seconda fascia medico
(o, a seconda dei casi, veterinario o farmacista), possa violare, per
gli anzidetti profili, gli artt. 108, secondo coma, e 111 Cost. 
    Come ha  ricordato  la  Corte  costituzionale,  il  principio  di
terzieta' e di indipendenza del giudice «concerne non  solo  l'ordine
giudiziario nel suo  complesso  [...]  ma  anche  i  singoli  organi,
ordinari  [...]  o  speciali  [...],  al  fine  di   assicurare   che
l'attivita' giurisdizionale, nelle sue varie articolazioni,  come  la
sua intrinseca essenza  esige,  sia  esercitata  senza  inammissibili
influenze esterne» (sentenza n. 284  del  1986).  Tale  principio  e'
«applicabile ad ogni giudice», anche  delle  giurisdizioni  speciali,
«ed in qualsiasi processo» (sentenza n. 353 del 2002),  quindi  anche
in quello in esame, dovendo essere comunque «osservata la regola  che
il giudice rimanga sempre super  partes  ed  estraneo  rispetto  agli
interessi oggetto del processo» (sentenza n. 193 del 2014, cit.). 
    In particolare, «per qualsiasi dipendente in servizio presso  una
amministrazione pubblica, che sia parte in senso sostanziale [...]  o
che gestisca o concorra a gestire un determinato settore di attivita'
amministrativa, si esigono particolari e puntuali garanzie  [...]  di
indipendenza e terzieta',  anche  attraverso  una  nuova  e  speciale
posizione di stato giuridico [...] quando il medesimo sia chiamato  a
funzioni  giurisdizionali  nella  stessa  materia  comunque  affidata
all'amministrazione di provenienza o di  codipendenza»  (sentenza  n.
353 del 2002, cit.). 
    2.3.1. - Ad avviso di questo Collegio, la norma censurata  -  non
fornendo adeguate garanzie quanto ai meccanismi di selezione  e  alla
presenza di regole di  autonomia  dei  componenti  della  Commissione
centrale designati dal Ministero della salute - non  sembra  superare
nemmeno il test di conformita' con  la  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
resa esecutiva con la legge di autorizzazione alla ratifica 4  agosto
1955, n. 848, la quale vuole che sia assicurato il  diritto  di  ogni
persona ad un processo equo davanti a  un  tribunale  indipendente  e
imparziale costituito per legge: di qui il dubbio del contrasto anche
con l'art. 117, primo comma, Cost., in riferimento all'art.  6,  par.
1, della Convenzione. 
    Secondo  la  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei   diritti
dell'uomo, infatti, «in order to determine  whether  a  body  can  be
considered to be «independent» of the executive it  is  necessary  to
have regard to the manner of  appointment  of  its  members  and  the
duration of their term of office, the existence of guarantees against
outside pressures and the  question  whether  the  body  presents  an
appearance of indipendence» (Lauko v. Slovakia, 2 settembre  1998,  §
63). D'altra parte, «the appointment of judges by  the  executive  is
permissible, provided the  appointees  are  free  from  influence  or
pressure when carrying out their adjudicatory role» (Flux - no.  2  -
v. Moldova, 3 luglio 2007, § 27). 
    3. - Il dubbio di legittimita' costituzionale  dell'art.  17  del
d.lgs.C.p.S. n. 233 del 1946 e' rilevante ai fini  della  definizione
di questo giudizio. 
    Infatti, la decisione impugnata con il ricorso per cassazione  e'
stata  emessa  dalla  Commissione  centrale  per  gli  esercenti   le
professioni sanitarie con la presenza dei  componenti  designati  dal
Ministero della salute, sicche', qualora la  sollevata  questione  di
costituzionalita'  venisse  accolta,  la  decisione  stessa  dovrebbe
essere cassata per essere stata resa da un organo  privo  in  radice,
per  struttura  e  composizione,  dei   requisiti  di  terzieta'   ed
imparzialita' necessari per l'esercizio della giurisdizione. 
    La  questione  attinente  alla  nomina   dei   componenti   della
Commissione centrale non si risolve in un mero  vizio  in  procedendo
deducibile esclusivamente dalla parte con i  motivi  di  ricorso  per
cassazione, ma, incidendo in modo diretto  sulla  potestas  iudicandi
del giudice per il difetto dei presupposti e delle condizioni per  il
giudizio dinanzi ad  un  tribunale  indipendente  ed  imparziale,  e'
rilevabile   d'ufficio   dalla   Corte   di   cassazione    investita
dell'impugnazione sul merito della decisione resa. 
    Vale, al riguardo, il richiamo alle ordinanze delle Sezioni Unite
di questa Corte 28 marzo 2001, n. 77, 28 marzo 2001, n. 78, 28  marzo
2001, n. 79, e 20 aprile 2001, n. 93, con cui  sono  state  sollevate
questioni  di  legittimita'  costituzionale  delle  norme   regolanti
l'istituzione,  la  composizione  e  il  funzionamento  della  Giunta
speciale per le espropriazioni presso la Corte  d'appello  di  Napoli
(su cui v. la sentenza n. 393 del 2002  della  Corte  costituzionale,
dichiarativa della illegittimita'  costituzionale  dell'art.  17  del
decreto-legge luogotenenziale 27 febbraio 1919,  n.  219,  convertito
nella legge 24 agosto 1921, n.  1290,  come  modificato  dall'art.  1
della legge 6 giugno 1935, n. 1131, nella parte in cui prevedeva  che
della Giunta facesse  parte  l'ingegnere  capo  dell'Ufficio  tecnico
erariale di Napoli o un suo delegato). In quella occasione,  infatti,
dette questioni sono state ritenute rilevanti  proprio  per  la  loro
attinenza alla «costituzione del giudice», «pur non essendo state  le
stesse prospettate dalle parti o, comunque, trattate  nella  sentenza
impugnata». 
    4. - Il giudizio deve essere quindi sospeso e gli atti  trasmessi
alla Corte costituzionale.